martedì 23 giugno 2009

Annuncio Celeste (parte prima) - Lettura guidata all’opera di Galileo Galilei nell’Anno Internazionale dell’Astronomia


Il Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, pubblicato la prima volta a Venezia nel 1610, ha segnato un vero e proprio punto di svolta nella storia della filosofia e della scienza, sia per le provocazioni che sollevava alle antiche concezioni del cosmo, sia per l'impiego di un nuovo strumento: il telescopio.
Proviamo a rileggere alcuni illuminanti passaggi di questa opera. Scriveva Galileo:
Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all'osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l'eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso.
Grande cosa è certamente alla immensa moltitudine delle stelle fisse che fino a oggi si potevano scorgere con la facoltà naturale, aggiungerne e far manifeste all'occhio umano altre innumeri, prima non mai vedute e che il numero delle antiche e note superano più di dieci volte.

Più avanti, aggiungeva:
[…] Ma oltre le stelle di sesta grandezza si vedrà col cannocchiale un così gran numero di altre, invisibili alla vista naturale, che appena è credibile: se ne possono vedere infatti più di quante ne comprendano le altre sei differenti grandezze; le maggiori di esse, che possiamo chiamare di settima grandezza o prima delle invisibili, con l'aiuto del cannocchiale appaiono più grandi e più luminose che le stelle di seconda grandezza viste a occhio nudo.


Galileo rimase stupito dal gran numero di stelle visibili con il suo rudimentale telescopio.
E a riprova di quanto visto, rappresentò due zone di cielo.
Nell’asterismo costituito dalla cintura e dallo spadino di Orione vide oltre 500 stelle, più di quaranta entro lo stretto limite delle sei Pleiadi visibili ad occhio nudo!










Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi. – Marcel Proust

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