martedì 6 novembre 2007

Spazio, ultima frontiera...

Prendo al volo lo spunto di Roberto per parlare di spazio e attività spaziali, argomento che mi tocca da vicino: infatti, pur rimanendo - purtroppo - con i piedi per terra, nella mia attività di ricercatore uso intensivamente i satelliti per l'astrofisica alle alte energie (X e gamma), ho partecipato alla realizzazione di un satellite (INTEGRAL) e sono coinvolto nella realizzazione di altri.

Konstantin Tsiolkovsky è uno dei padri della moderna astronautica e una volta disse che se la Terra è la culla dell'Umanità, non si può rimanere nella culla per sempre.

Tuttavia, c'è gente che vorrebbe rimanere bébé per sempre e tira fuori che ci sono "ben altri problemi" da trattare prima di andare a bighellonare nello spazio. Come però nota la Di Giorgio, anche se i costi di un'autostrada e della ISS sono comparabili, il ritorno che dà l'una o l'altra sono molto differenti.

Pensiamo al Programma Apollo, che costò 135 miliardi di dollari (valuta al 2006), ma oltre a portare l'Uomo sulla Luna ha dato innumerevoli ricadute tecnologiche di cui tutti noi usufruiamo ancora oggi: dai circuiti integrati alle celle a combustibile o al tessuto pile, oggi molto diffuso sul mercato per caldissime felpe e maglie, ma che all'inizio degli anni settanta era parte del vestiario degli astronauti.

In altre parole, mentre l'attività spaziale - e la ricerca in genere - è sempre un investimento per il futuro (cioè è finanza), le spese per un'autostrada sono parte dell'economia di tutti i giorni (ndr: ovvero SPESE).

Oggi si fa ancora troppo poco per la parte di investimento, soprattutto in Italia - come è noto dalla notte dei tempi, perché si pensa troppo all'economia quotidiana.

A tutt'oggi (fine 2007), gli obiettivi stabiliti dal Consiglio Europeo nella seduta di Lisbona nel 2000 e da raggiungere entro il 2010, appaiono un miraggio irraggiungibile.

Da notare che questi obiettivi, con una fortissima ricaduta sociale (proprio i "ben altri problemi"), sono attuabili solo con un forte investimento nella ricerca.

In Italia, sembra che ci sia oggi qualche timido segnale di inversione di tendenza, ma è ancora subissato dai cultori dei "ben altri problemi". Senza contare che la disastrosa gestione nei decenni passati delle Università e degli Enti di Ricerca, usati come serbatoi di consenso o ammortizzatori sociali piuttosto che come centri nevralgici per il futuro del paese, ha creato una situazione istituzionale dove, anche se oggi si facessero forti investimenti, questi non troverebbero l'humus adatto per fruttare.

Si potrebbe continuare ancora e ancora, ma alla fine il succo del discorso è sempre quello: se si fa solo economia, prima o poi le risorse finiranno e allora anche i "ben altri problemi" non potranno essere risolti. Se si guarda più in là del proprio naso, molto più in là - cioè se si fa finanza - allora, per ogni euro investito ci sarà un ritorno sul lungo periodo molto maggiore di quanto si possa immaginare con enormi ricadute sociali.

Uno dei problemi è che il "lungo periodo" va al di là dell'orizzonte degli eventi per il politico medio, fisso alla durata di una legislatura.

Pensiamo ancora al programma Apollo: dopo quasi 40 anni, le sue ricadute sono abbastanza diffuse, almeno nei paesi del mondo occidentale, anche se i cambiamenti principali sono iniziati negli anni 80 con l'avvento dei personal computers, a oltre 10 anni dal programma Apollo.

In ogni caso la domanda è: esiste qualche politico in Italia capace di guardare così in là?


1 commento:

Enrico Montanari ha detto...

E' una storia italiana, molto vecchia e molto triste.
Vale sempre la definizione di Politico che lavora in funzione della prossima elezione, mentre un uomo di stato dovrebbe lavorare in funzione delle prossime generazioni. I danni che ne conseguono dalla mancanza di una applicazione di senso dello stato sono aimè devastanti.