domenica 17 maggio 2009

Amarcord...


Il post di Roberto Grazie Internet, mi stimola alcuni ricordi che desidero condividere. Certamente, internet ha operato una rivoluzione culturale di cui ben pochi si capacitano. Fra l'altro, il 2009 segna il quarantesimo compleanno della rete. Fu proprio nel settembre 1969 che i primi pezzi vennero assemblati nei laboratori dell'Università della California a Los Angeles (UCLA) sotto la guida di Leonard Kleinrock, che aveva sviluppato il concetto di "commutazione di pacchetto", il principio base di internet. Questo concetto si basa sul principio di poter suddividere i messaggi in tanti pacchetti che possono essere trasmessi separatamente.
Internet ha anche avuto una "mamma", a sua volta nata negli anni cinquanta dopo il lancio dello Sputnik che aveva profondamente scosso gli USA. Questo progetto era infatti sotto la guida dell'Advanced Research Projects Agency (ARPA), gestita dal Dipartimento della Difesa. Lo scopo di questa rete, Arpanet, era di permettere la condivisione delle informazioni dei ricercatori statunitensi. Il primo nodo della rete ARPA era appunto a UCLA, a cui si aggiunsero, entro la fine del 1969, anche Stanford, l'Università della California a Santa Barbara e l'Università dello Utah. Nel 1971, l'ARPA fu sciolta per poi essere ricreata come DARPA (Defence Advanced Research Projects Agency), che sviluppò il protocollo TCP/IP, che è una sigla nota per chiunque usi internet. Poi anche DARPA si sciolse, negli anni novanta i ricercatori del CERN svilupparono il protocollo WWW e internet era ormai diventata adulta e in grado di andare avanti per conto suo. Siamo ormai a oggi... al mondo dei blog, delle informazioni accessibili a tutti quanti, a parte coloro che abitano in quei paesi ancora dominati da dittature o coloro che non hanno neanche i soldi per comprarsi il pane.
Anche i computers si sono evoluti moltissimo in questi anni: ricordo che iniziai a usare il mio primo computer nel 1981 e si trattava un Apple II, con 48 kb di memoria e dischi floppy da 5 pollici e un quarto. Mio padre lo aveva acquistato per l'ufficio e la sera sgattaiolavo lì per iniziare a apprendere i fondamenti della programmazione per mezzo del celebre motto del Cimento "Provando e riprovando"....
All'Università, nel 1985, ebbi la fortuna di essere nell'ultimo corso che faceva uso di schede perforate: ciascuna istruzione di un programma era una scheda con perforazioni in certe posizioni predefinite. Preparato il programma, si consegnava il pacchetto di schede all'operatore del Centro di Calcolo che eseguiva il programma e restituiva un tabulato in cui erano riportati i risultati del programma con eventuali messaggi di errore che il programmatore aveva inserito per controllare il software. I grafici allora si facevano usando la larghezza del foglio della stampante come asse delle ascisse e la lunghezza del foglio come asse delle ordinate. Un asterisco posizionato alla riga y e a x spazi dal lato sinistro del foglio rappresentava il valore della funzione desiderata alle coordinate (x, y).
Poi a fine anni ottanta, arrivò il mio primo "personal computer", un "clone" Intel 8088 grande quanto una valigia, che aveva 640 kb di memoria, ben 2 floppy da 5.25" e - meraviglia delle meraviglie - un hard disk da ben 20 Mb!
Fu invece dopo il 1993, quando avevo iniziato a collaborare con l'Istituto FISBAT del CNR di Bologna (oggi ISAC-CNR), che entrai in contatto con il web. Il primo browser si chiamava Mosaic e le poche pagine web inizialmente disponibili avevano generato in me l'illusione di poterle vedere tutte quante... illusione evaporata immediatamente, dato che mi resi conto che il ritmo con cui comparivano le pagine web era così rapido da superare qualunque mia aspettativa.
C'è stata anche la fase dei supercomputer e per un certo periodo, quando a fine anni novanta lavorai un po' sui modelli meteorologici a mesoscala (quelli per fare le previsioni del tempo) sempre al FISBAT (allora ero un borsista), ebbi modo di accedere ai computer della serie Cray, che erano ospitati al CINECA di Bologna. Poi, arrivò Linux e i personal computers divennero delle piccole workstations e ben presto non ci fu più bisogno dei supercomputers.
Oggi, ho un MacBookPro (con cui sto ora scrivendo queste note), un computer portatile grande quanto un libro, ma con una potenza di calcolo impensabile anche solo fino a qualche anno fa. Con questo computer posso fare sia analisi di grandi quantità di dati in arrivo dai satelliti astrofisici (in un'orbita INTEGRAL raccoglie circa 7-8 Gb di dati), sia scrivere testi, sia comunicare via internet (ora anche col video) partecipando a teleconferenze.



Anche qui il modo di organizzare il lavoro è cambiato vertiginosamente in pochi anni. Dal 2000 al 2008 ho partecipato alla realizzazione di uno strumento (IBIS) a bordo di un satellite INTEGRAL: comunicavamo moltissimo tramite internet (ancora oggi ho migliaia di emails scambiati in quegli anni) e i documenti comuni venivano messi su un sito internet a accesso riservato, ma anche gestibile da poche persone. Adesso lavoro nella Collaborazione LAT di Fermi, in cui ci si tiene in contatto tramite teleconferenze via internet (EVO) e si condivide il lavoro tramite un sito tipo Wiki (sì, come Wikipedia, ma con accesso riservato sia in lettura che scrittura), in cui ciascun membro della collaborazione può gestire pagine web. E questo nel giro di pochi anni!
Come ha scritto Roberto, internet ci ha consentito di migliorare notevolmente la raccolta e condivisione di informazioni, ma vorrei concludere rammentando che anche quando eravamo astrofili di uno sperduto paesino della Bassa Romagnola abbiamo vissuto esperienze indimenticabili. Roberto, rammenti questa foto?



Fu scattata nel maggio 1983, quando ci trovammo a osservare per la prima volta una cometa visibile a occhio nudo senza sapere di che si trattava. La sera del 9 maggio, Enrico e io eravamo andati all'Osservatorio del Liceo Scientifico, come tante altre serate. Quel giorno non era dei migliori e c'era qualche nuvoletta in cielo. Poi, notammo che ce n'era una che non si spostava! Ti chiamammo al telefono, Roberto, per chiederti se la vedevi anche tu. E da lì scaturì una grande eccitazione per cercare di capire cosa fosse. Il giorno dopo, dai giornali apprendemmo che era una cometa, la IRAS-Araki-Alcock, e passammo quindi i giorni successivi a osservarla e a calcolarne l'orbita. Ci facemmo anche un articoletto che apparve sulla rivista Coelum dell'Osservatorio Astronomico di Bologna (1984, Vol. 52, pp. 51-55; e l'errata corrige a pag. 207). Un bel ricordo, anche di un'epoca in cui circolavano poche informazioni, per cui ogni osservazione era un po' come una piccola "scoperta". Non fraintendetemi: non ho nostalgia di quei tempi (il passato è passato e va lasciato dov'è), ma è uno dei tanti ricordi piacevoli che conservo gelosamente nei meandri della mia memoria e nelle scansioni delle fotografie dell'epoca. E a volte, come in questa occasione, mi piace rammentare quegli episodi. Per citare ancora il tuo post, Roberto, l'Enterprise è bella e mi piace esserci, ma non dimentichiamo che anche quando andavamo a piedi c'erano degli aspetti piacevoli e abbiamo fatto cose bellissime, sia insieme, sia separatamente. Personalmente, mi ritengo molto fortunato: ho vissuto in un periodo in cui l'umanità ha compiuto una rivoluzione culturale impressionante. Non so come andrà a finire, ma è bello esserci per scoprirlo, senza però dimenticare le esperienze che ci hanno fatto crescere e ci hanno consentito di essere oggi nelle migliori condizioni per affrontare questi cambiamenti epocali.







1 commento:

Roberto Baldini ha detto...

eh eh eh ... e chi se la dimentica la IRAS-ARAKI-ALCOCK ?! Per qualche giorno pensammo anche di essere stati tra i primi a scoprirla (chiara e pura illusione). Ovviamente è tutto documentato compreso l'articolo di COELUM :-)