Il 6 agosto del 1967, poco più di 40 anni fa, il mondo veniva alla conoscenza di misteriosi impulsi radio, così deboli e strani che nessuno era mai stato in grado di ascoltare. La loro frequenza, così rapida era difficile, inizialmente, da spiegare con dei processi fisici e naturali, tanto che qualcuno pensò pure ad un'origine extraterreste.... ma non erano gli omini verdi, ma la scoperta di un nuovo tipo di stelle che ha aperto gli orizzonti della fisica e della astronomia del XX secolo: le Pulsar!
Ritorniamo allora a 42 anni fa, il 6 agosto 1967 quando Susan Jocelyn Bell Burnell, nata a Belfast il 15 luglio 1943 (e per questa scoperta considerata una delle figure fondamentali dell'astronomia del 20 secolo) individuò le emissioni radio delle Pulsar, acronimo delle parole inglesi Pulsating Star = Pulsar, cioè stelle di neutroni residuo dei processi finali della vita di stelle massicce.
La scoperta
Nella tarda estate di quell'anno a Cambridge, Jocelyn scoprì, nei chilometri di strisce di carta che il radio telescopio del Mullard Observatory registrava, strane piccole oscillazioni comparse il 6 agosto e che si ripetevano alla stessa ora siderale. C'è da dire che l'osservatorio era diverso dai classici radiotelescopi parabolici, era una struttura a pali e fili, molto grande, e in grado di osservare una piccola porzione di cielo, intorno al meridiano.
La sua grandezza aveva costretto a sacrificare la mobilità, e quindi si poteva "ascoltare" solo quella porzione di cielo che transitava intorno al meridiano, una sorta di "leviatiano" delle onde radio, ricordando il telescopio di Lord Rosse del secolo precedente.
Ritornando al segnale, questo era di aspetto diverso da quelli dovuti alla scintillazione o interferenze terrestri. "Formavano un profilo a gobbetta della lunghezza di circa un centimetro, corrispondente ad un minuto di tempo". Insieme al suo professore Antony Hewish iniziarono un'assidua sorveglianza, ma dopo un mese il segnale continuava a non apparire. Hewish concluse che doveva trattarsi di qualche interferenza, ma Jocelyn non era del tutto convinta. Proseguì la sorveglianza e continuò ogni sera a recarsi all'osservatorio ed a rimanere in attesa. Solo verso la fine di novembre la gobbetta riapparve, ovviamente l'unica sera che l'assidua Jocelyn aveva saltato! Hewish venne immediatamente avvertito, il segnale misterioso era comunque riapparso!
Erano impulsi brevissimi che si ripetevano ad intervalli regolari di un secondo....il primo pensiero del professore fu che qualcuno dalla terra li stesse trasmettendo, forse astronomi, visto che il segnale aveva un tempo di ritorno siderale. Erano infatti impulsi di così breve durata che non potevano provenire da strutture come galassie o le classiche stelle, perchè troppo estese e quindi non in grado di produrre un simile segnale che poteva essere generato da un qualcosa dalle dimensioni inferiori al secondo luce! Ma un rapido controllo negli ambienti astronomici britannici escluse subito l'ipotesi di un segnale artificiale dalla terra. Non venne però scartata l'idea del segnale artificiale e così qualcuno azzardò l'ipotesi di esseri intelligenti che stavano inviando messaggi dal pianeta di qualche stella. Si parlò di piccoli omini verdi. E da qui, il nome originale dell'oggetto fu "LGM" (Little Green Men, piccoli omini verdi in inglese). La notizia filtrò negli ambienti giornalistici e per qualche mese in tutto il mondo si parlò degli omini verdi. Intanto la Jocelyn e Hewish erano riusciti a registrare la struttura del segnale, rallentando la velocità della carta durante una osservazione in tempo reale, e ora il tracciato era più facile da analizzare.
Dopo molte speculazioni, una spiegazione veritiera fu trovata in una stella di neutroni, un oggetto fino ad allora solo ipotizzato da due astronomi Baade e Zwicky nel 1934, e in quegli anni oggetto di studi del nostro astronomo fiorentino, il Prof. Pacini. In realtà la misteriosa radiosorgente altro non era che il "cuore" della nebulosa del Granchio, cioè M1 nella costellazione del Toro, il residuo di una esplosione di una supernova esplosa nel lontano 1054 d.C. dove la stella di neutroni ne rappresenta il nucleo collassato finale.
Stelle di neutroni
Apriamo una piccola parentesi. Una stella di neutroni è uno dei possibili stadi finali dell'evoluzione stellare.
Come muore una stella? Il destino di una stella è già scritto nella sua massa. A seconda di quanta materia sia a disposizione la vita di una stella può essere molto diversa: più massa significa che serve maggiore energia per contrastare il collasso gravitazionale. Quindi più le stelle sono massicce, più la loro vita sarà breve, essendo queste strutture impegnate a "bruciare" alacremente il combustibile per evitare il collasso. Stelle "piccole" invece possono permettersi il lusso di consumare con parsimonia il loro carburante, godendo di una lunga e tranquilla vita. Ad esempio una stella massiccia può vivere "solo" qualche milione d'anni, mentre le nane rosse possono vantare "esistenze" di decine di miliardi di anni. La massa finale della stella sarà poi quella che deciderà la fine ultima degli astri: piccola massa, e cioè fino al massimo 1,4 volte quella del sole, vuol dire che il nucleo stellare si trasformerà in una nana bianca. Finite le reazioni nucleari la forza di gravità schiaccerà gli atomi della stella, e il nucleo cadrà in uno stato degenere, con solo la repulsione tra i protoni ad impedire un ulteriore schiacciamento. Il nucleo si ridurrà a diametri paragonabili a quelli della Terra.
Se invece la massa sarà compresa fra 1,4 masse solari fino ad un valore di 2-3 volte quella del Sole allora la forza di gravità schiaccerà ulteriormente il nucleo, superando la pressione di degenerazione protonica, e impastando la materia della stella in un "brodo di neutroni". Il nucleo sarà ridotto a pochi chilometri di diametro (una decina o poco di più) e la stella di neutroni avrà una densità enorme. Giusto per fare un esempio una zolletta di 1 cm3 di stella di neutroni può pesare quasi mezzo miliardo di tonnellate! Le stelle di neutroni possiedono un campo magnetico elevatissimo. A causa dell'altissima densità e delle piccole dimensioni, una stella di neutroni possiede un campo gravitazionale superficiale cento miliardi (10e11) di volte più intenso di quello della Terra. Una delle misure di un campo gravitazionale è la sua velocità di fuga, cioè la velocità che un oggetto deve avere per potergli sfuggire. Sulla superficie terrestre essa vale 11 km/s, mentre per una stella di neutroni si aggira intorno ai 100.000 km/s, cioè un terzo della velocità della luce. Con il collasso a dimensioni così minuscole, le stelle possiedono una rotazione elevatissima. La maggior parte delle stelle di neutroni ruota con periodi da 1 a 30 secondi, ma esistono alcune che arrivano a pochi millesimi di secondo.
Oltre le 3 masse solari il collasso gravitazionale diventa inarrestabile, e il nucleo stellare si trasforma in un buco nero.
La caparbietà di Jocelyn le aveva permesso di scoprire la prima pulsar, e quegli impulsi che si ripetevano ad intervalli regolari possono essere oggi così spiegati, semplificando al massimo la loro fisica: a causa del loro intenso campo magnetico le pulsar emettono dai poli un fascio di onde elettromagnetiche soprattutto alle lunghezze d'onda radio, che se punta nella nostra direzione viene visualizzato una volta per ogni rotazione della stella di neutroni, rendendo così il suo comportamento simile a quello di un faro. La scoperta delle pulsar ha quindi confermato l'esistenza di stati della materia prima solo ipotizzati, appunto la stella di neutroni, superdensi e impossibili da riprodurre in laboratorio a causa delle alte energie necessarie, gravitazionali e non. Questo tipo di oggetto è l'unico in cui è possibile osservare il comportamento della materia a queste densità nuclearii, anche se solo indirettamente. Inoltre, le pulsar di periodo intorno al millisecondo hanno consentito un nuovo test della relatività generale in condizioni di forti campi gravitazionali. Sempre grazie alle pulsar, è stata possibile la prima scoperta di un pianeta extrasolare, e questo ci riporta all'idea degli omini verdi iniziale.... magari con il progresso della scienza saremo mai in grado di capire se siamo o meno, davvero soli in questo universo...? (ps "sarebbe uno spreco di spazio" no? Come recita la frase di Contact, il film che parla del famoso libro di Carl Sagan)
Epilogo
Per questa scoperta fu assegnato nel 1974 a Hewish il premio Nobel per la Fisica, che senza dubbio ebbe un ruolo determinante, ma altrettanto indubbiamente la scoperta fu merito di Jocelyn della sua esperienza e perseveranza. E' sicuramente un nobel incompleto ed anche una figura emblematica come Fred Hoyle si lamentò pubblicamente della scelta della commissione del Nobel.
Nel 1977 un trattato sulle pulsar venne a lei dedicato: a "Jocelyn Bell, senza la cui intuizione e perseveranza potremmo non aver ancora avuto il piacere di studiare le pulsar"
Nonostante non abbia potuto condividere il Premio Nobel con Hewish per la sua scoperta, è stata premiata da molte altre organizzazioni.
Attualmente è professore in visita alla Oxford University
Segnaliamo da leggere il bellissimo libro del Prof. Piero Tempesti: Pulsar, edito da Biroma editore
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